lunedì 21 giugno 2010

SEA OF BONES - Grave Of The Mammoth / The Harvest


Informazioni
Gruppo: Sea Of Bones
Anno: 2006-2007
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Mourning

Tracklist
Grave Of The Mammoth
1. Chapter I
2. Chapter II
3. Chapter III
The Harvest
1. Chapter IV
2. Chapter V
3. Chapter VI

DURATA: 1:25:20

La formazione americana dei Sea Of Bones suona uno sludge/doom talmente opprimente e ronzante che citare il funeral e il drone come generi in affiancamento è quasi un obbligo, la cosa strana è che si presenta più volte una situazione atmosferica sì estremamente nera ma che può essere paragonata a quell'intensa coltre nervosa che alcune realtà post-metal del calibro di Isis o Pelican riescono a sollevare.
Ho preso la decisione di esaminare i loro due lavori all'attivo in un'unica botta in quanto la composizione e le tracklist come noterete creano una successione numerico romana ordinata, un percorso pesante come un macigno teso a schiacciare l'ascoltatore.
Certo il primo demo "Grave Of The Mammoth" era ancora in fase larvale, la band stava provando e ricercando una via propria, l'effetto della produzione caotica e altamente ridondante è già un marchio che fa presagire una susseguente evoluzione in tal direzione.
I tre brani sono robusti, grevi ma ancora relegati a una costruzione alquanto standard che non li fa uscire da quel limbo del già sentito che non dispiace ma che sul lungo corso necessità per forza di cose di trovare una dimensione alternativa.
E' "Chapter II" la regina del lavoro, possente sferra dei colpi ben assestati con chitarre maceranti e in più tratti ossessive sorrette da un drumming che manca ancora di dinamicità e al tempo stesso riesce a mantenere viva l'attenzione con uso dei cimbali costante esaltando però il lato riflessivo nelle pause a regime quasi pari allo zero.
Come detto antecedentemente però la produzione oltre a creare quel marchio di fabbrica che prenderà pieno valore in "The Harvest" nel suo confusionario lavoro affossa il basso, tiene la voce a distanza lasciando che in parte la batteria e le sei corde possano essere percepiti al meglio, il che fa perdere molto nell'impatto generale alle tracce.
L'uscita dell'album segna una svolta in positivo sia per la natura compositiva sia per quanto riguarda la cura del sound in genere da parte dei Sea Of Bones, le tre canzoni contenute in "The Harvest" si percepisce subito siano farina del buon sacco precedente ma è la riuscita complessiva che dona loro maggiore intensità e fruibilità all'orecchio.
Il platter arranca, si trascina con un incedere cupo, denso, non vi sono infiltrazioni di luce che possano insediare un'anima che nel fango affonda le sue radici pressando e compattando l'ascoltatore con singole note e semplici accordi alternati ripetuti in maniera ossessiva.
Si nota fin da subito che il batterista ha cambiato marcia, i pattern di batteria, per quanto non prendano quasi mai velocità considerabili sostenute, sono molto più elaborati e dotati di una dinamica sveglia e pimpante che supporta il muro di chitarre esponenziandone la pressione esercitata, lo stesso basso per quanto più simile a un continuo fragore che si dilata si presta a essere assorbito per riprendere a urlare rocamente l'attimo successivo.
Lo scream roco adesso è udibile e si ritaglia con tenacia lo spazio che gli compete, ogni fraseggio o schema è ben studiato e ormai collaudato trovando soluzioni adesso al limite fra il conosciuto e la strada propria, è evidente come una personalità che si sta delineando cerchi a più riprese di rimarcare la propria presenza per non scivolare sulla scelta più ovvia da farsi, dimostrazione n'è la virata sonora rapida e inconsueta che comparirà in "Chapter V", episodio che incarna perfettamente il salto qualitativo in avanti della band.
Il gorgo che la musica forma è ciclicamente devastante e se come pecca si potrebbe far notare una batteria che leggermente più alta come volume avrebbe potuto influire ancor più in fase di assestamento del tutto, in fin dei conti il risultato è più che discreto.
I Sea Of Bones sono in crescita, non mi resta quindi che consigliare l'ascolto di questi due lavori agli amanti delle sonorità più profondamente doom, vale la pena seguirli nell'attesa che sfornino un successore a quanto già regalatoci.

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