lunedì 29 agosto 2011

CARNAL GORE - Etrom

Informazioni
Gruppo: Carnal Gore
Titolo: Etrom
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/carnalgore
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Etrom
2. Serve Or Be Served
3. Fall Of Berith
4. Vile World
5. Into The Shrines Of Gith
6. The Ghouls Of Malazar
7. Succubus Dreams
8. Imprisoned Soul

DURATA: 41:05

I Carnal Gore giungono al debutto con "Etrom", sono una delle macchine da guerra che il sud Italia attendeva con piacere d'ascoltare in formato full, ne rimarremo soddisfatti?
La band di Rob era pronta, il "Promo" del 2009 aveva messo in mostra delle potenzialità spiccate, una salutare dedizione alle mazzate più efferate, alle sventagliate thrash e alle derive melodiche senza che quest'ultime inficiassero il sound riducendolo alla solita riproposizione catchy modaiola del settore brutallaro.
"Etrom" o "Morte" è la summa del lavoro sinora svolto dal combo catanzarese, escludendo la titletrack e "Fall Of Berith" abbiamo fra le mani un album che per i più attenti scandagliatori dell'underground risulterà conosciuto all'orecchio. I brani restanti infatti sono le basi che hanno dato vita al demo omonimo del 2007 e al già citato promo, pezzi che nella loro riproposizione e inseriti quindi in una scaletta dalla dimensione più ampia e appesantita dalle canzoni nuove di pacca ci consegnano poco più di quaranta minuti degni di trovare immediatamente un'etichetta valida che li produca, chissà che non sia la Unique Leader che di act nostrani ne ha già attenzionati un paio e più?
Inutile dire che sia un po' di parte, "Serve Or Be Served" con il suo approccio thrashy mi è sempre piaciuta così come la violenza sprigionata dall'arrembante e tecnicamente ben composto assalto di "Into The Shrines Of Gith", adesso però a tali momenti di pieno sbattimento si possono e devono sommare una "Fall Of Berith" in cui l'ombra di Karl Sanders & Co. non è solo di passaggio, l'opener "Etrom", una sportellata mica da poco, e l'atmosfera creata dall'outro di "Imprisoned Soul" a cura di un personaggio particolare appartenente al sottobosco musicale italico, Bloody Hansen, autore e creatore del progetto horrorifico The Providence.
Qualitativamente i calabresi confermano quanto di grande si stia facendo da anni nella loro regione, la produzione è ben più che discreta e superiore anche a quella di colleghi rinomati che forse dovrebbero stare più attenti a certe scelte (stop alla plastica, è sin troppa).
Del resto il songwriting in lievi frangenti sembra stentare semplicemente per il fatto che tende a girare su se stesso impiegando soluzioni ripetute, la strada probabilmente più comoda ma che esclude il tentativo di una maggiore personalizzazione. Peccato perché le capacità strumentali e la prestazione di Rob dietro il microfono, decisamente varia ed equilibrata nell'alternare il growl/scream con una resa soddisfacente, mi forniscono la certezza che con un pizzico di sfrontatezza e istintività compositiva avrebbe avuto una dimensione più consona e aggressivamente minacciosa rispetto a quella odierna.
"Etrom" rimane comunque un signor disco e augurando loro sia il primo di una lunga serie v'invito, se ancora non l'aveste fatto, a far girare i Carnal Gore nel vostro stereo. Death metal? L'Italia continua a dire la sua.

Continua a leggere...

DECEASED - Surreal Overdose


Informazioni
Gruppo: Deceased
Titolo: Surreal Overdose
Anno: 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Patac Records
Contatti: www.myspace.com/undeadmachines
Autore: Mourning

Tracklist
1. Skin Crawling Progress
2. Kindred Assembly
3. The Traumatic
4. Cloned (Day Of The Robot)
5. Off-Kilter
6. In The Laboratory Of Joyous Gloom
7. A Doom-Laden Aura
8. Dying In Analog

DURATA: 43:50

I Deceased sono un pezzo di storia del metal, i Deceased e King Foley chissà perché non vengono mai citati per un cazzo quando si parla di anni Ottanta e band che contano. E' strana questa cosa perché oltre ad essere il King un personaggio di quelli che si è sempre sbattuto parecchio, musicalmente questa realtà non ha mai regalato dei veri passi falsi.
Sono passati ben sei anni dall'ultima release full, "As The Weird Travel On", è probabilmente giunto il momento di tornare a far la voce grossa, ecco quindi che la realtà in cui milita anche il signor Les Snyder, compagno d'avventura anche nei Doomstone di quel poco considerato "Those Whom Satan Hath Joined", ritorna a farsi sentire con "Surreal Overdose".
La line-up in questi anni ha perso un paio di pezzi: il chitarrista Mark Adams sostituito ormai in pianta stabile da Shane Fuegel e Dave Castillo, batterista il cui ruolo è stato coperto dallo stesso King Foley che già in passato se n'era occupato in perle quali "Luck Of The Corpse" e "Supernatural Addiction".
Mi trovo fra le mani un album sparato, incazzato che continua a emanare quello spirito genuino e bastardo sempre al limite fra death e thrash che ha caratterizzato e continua a caratterizzare i Deceased. Ci sono brani dotati di una pesantezza e carica notevoli, vedasi "Kindred Assembly" e "Traumatic", altri con innesti e divagazioni melodiche importanti come il lavoro gemellare di chitarre in "Cloned (Day Of The Robot)" e le sezioni tese a impreziosire le cavalcate della heavy oriented "Off-Kilter", additivo che insieme a un certo gusto per i b-movie horror e i suoi effetti non è mai stato celato dalla band.
Ci si può imbattere in frangenti più cervellotici e maceranti inseriti nella furia dell'opener "Skin Crawling Progress", farsi travolgere dalla martellante "In The Laboratory Of Joyous Gloom" dove ancora una volta l'alternarsi delle sfaccettature armoniche con la prestanza mascolina combinata alla irruente pressione degli assoli innalza un muro sonoro di spessore notevole, non vi basta ancora?
Dopo una pausa inaspettata fornitaci gradevolmente da "A Doom-Laden Aura" che aumenta il tasso atmosferico utilizzando acustiche inusuali, i toni si riaccendono in un crescendo dal gusto NWOBHM che porta il titolo di "Dying In Analog", la tessera conclusiva di questo spericolato puzzle death/thrah cattivo e che potrebbe impartire lezioni a tanti pischelli odierni su come si debbano coniugare attitudine, sound e forma.
"Surreal Overdose" è un album privo di cali di tensione, una ennesima conferma di quanto sia importante andare avanti riuscendo a rimanere sempre se stessi, i Deceased della loro personalità hanno fatto il marchio di fabbrica e ciò che ascolterete n'è impresso a fuoco.
Volete metal che sappia coinvolgervi? Che vi dia la possibilità di fare headbanging e possieda una serie di canzoni che vi conquisti? Non lasciatevi scappare questo disco.

Continua a leggere...

FUZZ MANTA - Opus II


Informazioni
Gruppo: Fuzz Manta
Titolo: Opus II
Anno: 2011
Provenienza: Danimarca
Etichetta: Gateway
Contatti: www.myspace.com/fuzzmanta
Autore: Mourning

Tracklist
1. Motumann
2. Man With No Face
3. Quiet Monday
4. Lithia's Box
5. Turn Around
6. White And More
7. Corrosion
8. Let Me Walk

DURATA: 45:37

C'è da fare mea culpa, 'sti qui me li ero persi per strada, parlo dei danesi Fuzz Manta, non sapevo proprio chi fossero sino a quando non ho avuto fra le mani il loro secondo album "Opus II".
Seventies sino all'osso, il sound di questa formazione è qualcosa di realmente spettacolare, pensate di avere fra le mani un incrocio di cavalli di razza i cui monicker sono altisonanti.
I Deep Purple (un misto fra la Mark II e la III) già udibili chiaramente nelle note dell'opener "Motumann" e "Man With No Face", accompagnate dall'uso di un organo che tanto per non andare fuori dal seminato è un classico e inconfondibile Hammond, Black Sabbath presenti nei frangenti in cui il suono assume una piega più oscura e alla seconda delle due nominate poco più su si coniuga il primo degli episodi lunghi, "Lithia's Box", non inserita nella versione vinile del disco.
I Led Zeppelin e i Jethro Tull si mischiano in una carezzevole, dolcissima e acustica "Quiet Monday", un riffato stoner e tratti psichedelici emergono con "Turn Around" mentre la successiva "White And More" dmostra una dinamica complessa e messa a punto per esplodere con continuità nel proprio svolgimento.
I Fuzz Manta non amano gli anni Settanta, li adorano e rendono a questi un tributo che vanta qualità strumentali di gran levatura e una passione che trasuda vivida dalle note, "Corrosion" n'è l'ennesima conferma. Venature blues tornano ad allietare il nostro orecchio, Jesper pizzica il pianoforte quel tanto che basta per condire piacevolmente l'atmosfera anticipando il secondo brano dalla lunga durata del platter: "Let Me Walk". Oltre undici minuti in cui ci fanno gentilmente un ripasso del loro intero background musicale, con il batterista che si diletta inoltre in un pregevole solo.
E' rock per chi ama il rock, inutile dilungarsi o perdersi in chiacchiere tirando fuori chissà quali argomentazioni su produzione, su quanto la cantante sia brava (e lo è davvero), "Opus II" è uno di quegli album che si ascoltano con piacere in casa, in macchina, al lavoro in sottofondo o in qualsiasi altro posto vi venga in mente, è ciò che chiamiamo "buona musica" e l'acquisto i Fuzz Manta se lo meritano tutto.

Continua a leggere...

FROM NOWHERE - Agony


Informazioni
Gruppo: From Nowhere
Titolo: Agony
Anno: 2011
Provenienza: Spagna
Etichetta: Mechanix Records
Contatti: www.myspace.com/fromnowheremetal
Autore: Mourning

Tracklist
1. Welcome To The Cage
2. Catalepsy
3. The Fallen One
4. Drugs Of War
5. Factory Of Hate
6. Breathless (Agony)
7. Right To Die
8. REM
9. Hung, Drawn And Quartered (Cancer cover)
10. Sacred Serenity (Death cover)

DURATA: 40:42

I From Nowhere sono una band iberica attiva dalla seconda metà di quest'ultima decade, dopo un ep prodotto nel 2006 ("Kingdom Of Fools") e un demo nel 2010 ("Agony"), dopo aver avuto una line-up particolarmente instabile, nel 2011 hanno rilasciato il primo full-lenght mantenendo come titolo quello del lavoro che lo precede.
La formazione si cimenta in un thrash/death metal che tende più volte a sfiorare i lidi tecnici, che si ciba della conoscenza del genere attribuibile a una come i Death, non è un caso la riproposizione di "Sacred Serenity", classico estratto da "Symbolic" risalente al periodo ultimo della produzione di Schuldiner e che fa echeggiare la sua forte presenza in "Catalepsy". Duttilità sì ma con l'assenza di genialità dei maestri Coroner e una discreta dose di groove e impatto che proprio dall'altra cover scelta, "Hung, Drawn And Quartered" degli inglesi Cancer, all'epoca in giro con il secondo album "Death Shall Rise", fa pendere la bilancia per soluzioni anche schiette però non poi così scontate, particolarità che si evidenzia in brani quali "The Fallen One" e "Factory Of Hate" rimanendo coscienti del fatto che i From Nowhere non rinunciano all'assetto melodico che costantemente fa breccia nel riffing.
Non vi sono peculiarità particolari che li facciano risaltare, la prestazione del combo è ordinata, prodotta discretamente e l'aver affidato il master alle mani esperte di Andy Larocque è una mossa che può voler significare la ricerca di professionalità.
Sì, perché gli spagnoli con "Agony" rilasciano un platter che in tal modo si può definire ma che è ancora privo di quei puntelli che tengono saldi nella memoria un riff piuttosto che un altro, un ritornello o un assolo, un qualsiasi segno identificativo che ti faccia collegare quelle note immediatamente al monicker From Nowhere.
Rimane quindi un buon esempio di thrash/death ma che facilmente può oscillare dall'ascolto continuato per un periodo al dimenticatoio dello scaffale, anche se una volta tirato fuori troverà il modo di ricompensarvi.
Non resta dunque che cimentarsi nell'"on air" e decidere cosa fare, quando mai un paio di scapocciate vi han fatto male?

Continua a leggere...

HELHORSE - For Wolves And Vultures

Informazioni
Gruppo: Helhorse
Titolo: For Wolves And Vultures
Anno: 2011
Provenienza: Danimarca
Etichetta: Mighty Music
Contatti: www.helhorse.dk
Autore: Mourning

Tracklist
1. Skull Sun
2. Djöfullinn Er Danskur
3. Last Temptation
4. House Of Roosters
5. Get Drunk, Get Mad, Get Even
6. Death Ride
7. Black Weed
8. Lowered Expectations And Muted Sexuality
9. 237
10. White Light, Black Hope

DURATA: 47:46

La Danimarca, è giunto anche il turno di questa nazione di vedersi rappresentata sul nostro sito con una realtà di più che discreto valore nel settore del metal che si diletta in territori southern and sludge, loro sono gli Helhorse.
La formazione nata con il monicker Dødning nel 2010 ha deciso per il cambio di nome e nel 2011 se ne vien fuori con il debutto "For Wolves And Vultures", un album particolarmente ben fatto, maturo e in grado di combinare generi e scelte stilistiche disparate tanto da poterlo paragonare a un calderone dal quale potrebbero fuoriuscire: Mastodon, Cancer Bats, Every Time I Die, Corrosion Of Conformity, Down, Monster Magnet e divertimento, puro sbattimento causato da una scaletta che porta con sè qualità e sostanza.
E' affascinante il modo in cui la chitarra e la voce in clean di episodi quali "Djöfullinn Er Danskur" e "Last Temptation" vengano contrastate in maniera netta dall'aggressività dai tratti prepotenti insita nell'accoppiata di tracce successive composta da "House Of Roosters" e "Get Drunk, Get Mad, Get Even", nell'allentata e suadente "Death Ride" dal mood altalenante e che incarna a pieno titolo le due fisionomie che si dibattono la conquista dell'animo degli Helhorse.
Le canzoni dedite al semplice quanto efficace "sbevazziamo e facciamoci del male" non mancano, l'opener "Skull Sun" la sua dose di positiva alcolizzazione se la tira dietro senza farsi troppe paranoie, l'attimo in cui si rilassa sembra voglia dirti: respira e preparati a bere "again and again". La quantità di rock si eleva in "Black Weed" e solo con ciò che si è ascoltato sinora ci sarebbe da esser più che contenti.
Il platter continua però a offrire nei brani posti a conclusione alcuni spunti validi, seppur "Lowered Expectations And Muted Sexuality" e "237" sembrino due sorelle, con impostazione e sfogo adrenalinico molto similari, di tutt'altra pasta invece si presenta l'ultimo assalto "White Light, Black Hope" dalle movenze dilatate, grevi e dotate di una pesantezza non indifferente.
Gli Helhorse sono sui binari giusti, il songwriting, tranne una piccola pecca nell'ambito delle dinamiche che potrebbero e dovrebbero essere ampliate, risulta essere già studiato e nella fase avanzata adeguato ad apportare le dovute lievi correzioni. La prova strumentale del resto oltre a una esecuzione valida rispecchia il carattere volitivo di una band che vuole farsi strada, con questi segnali positivi non ci si può che attendere un brillante futuro, glielo auguro e consiglio a voi d'inserire nel lettore "For Wolves And Vultures" e godervelo con la calma e il numero di ascolti che riterrete oppurtuno, dategli tempo.

Continua a leggere...

MORTAL TORMENT - Resuscitation


Informazioni
Gruppo: Mortal Torment
Titolo: Resuscitation
Anno: 2011
Proveniena: Grecia
Etichetta: Coyote Records
Contatti: www.myspace.com/mortaltormentband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Amphetamine Murder
2. Exhumed Tormentors
3. Chainsaw Revenge
4. Decomposition In Vomit
5. Mortal Torment
6. Profane
7. Infernal Audium Schizophrenia
8. Resuscitation
9. Carnivorous Surgery

DURATA: 41:02

Che la Grecia abbia una scena metal con le contropalle sotto è come affermare che si è scoperta l'acqua calda, negli anni la penisola ellenica ci ha sommerso di produzioni fantastiche provenienti da tutte le generalità di metal conosciute, con il brutallo che si è preso anche un paio di rivincite sulla scena americana. Gli Inveracity sono di sicuro uno dei migliori act europei per quanto riguarda proprio la scena brutal/death.
I Mortal Torment è su quella scia di violenza ed espressione di grezzume che si applicano, la band che vede in line up membri ed ex di Veil, Unholy Ritual e Dark Vision, dopo aver dato alle stampe un demo nel 2006 ("Infernal Odium Schizophrenia"), uno split nel 2009 che li vedeva condividere il terreno con i russi Septory e Sufferatory, gli americani Unburied e i filippini Demise ("Slamseason Split 3"), si sfoga in prima persona con la release di debutto "Resuscitation".
Quaranta minuti e poco più per una serie di martellate a ripetizione, nulla di particolarmente arzigogolato, si mantengono (fortunatamente per il sottoscritto) a stretto contatto con le produzioni old-school vivacizzando la proposta con qualche lieve deriva che si poggia su basi più moderne e grooveggianti. Nella sequenzialità dei pezzi è però la componente primordiale del "ti stronco subito" con una bella tirata "spaccagambe" e una serie di riff che alternano "slowly section", come avviene nell'opener "Amphetamine Murder", a serrate perfette per l'headbanging sfrenato a dominare
E sì, perché di attimi che offrano riposo al collo ve ne sono pochi, i Mortal Torment pestano, tirano, fanno sentire sulla pelle la pressione delle tracce, anche quando inserti melodici incalzanti si presentano all'orecchio come avviene in "Chainsaw Revenge" non perdono mai contatto con la brutalità, comandamento cardine della loro esecuzione.
I punti di riferimento in quanto a nomi altisonanti non mancano, si va dai Cannibal Corpse agli Immolation, dai Morbid Angel ai Deeds Of Flesh e il rimando a più e più realtà è probabilmente una pecca inevitabile. E' però ugualmente un piacere ascoltare del buon death metal suonato con la frenesia e la cattiveria dovuta, pezzi quali "Decomposition In Vomit", "Profane", "Infernal Audium Schizofrenia" e "Carnivorous Surgery" sono delle bastonate trasudanti malignità, tutto ciò mi aggrada.
Se andate pazzi per gruppi come Fleshgod Apocalypse e le ultime uscite Nuclear Blast evitate accuratamente questo disco, potrebbe far male alle vostre orecchie abituate a 'sì tanta pulizia sonora, se invece vi piace girare la testa a ritmi elevati e contemporaneamente godervi un album che sia ben suonato ma non suoni "finto" come una moneta da tre euro, in questo caso "Resuscitation" fa proprio al caso vostro.

Continua a leggere...

REGUL - Chambers Of Permafrost


Informazioni
Gruppo: Regul
Titolo: Chambers Of Permafrost
Anno: 2011
Provenienza: Russia
Etichetta: Art Of Silence
Contatti: non disponibili
Autore: Mourning

Tracklist
1. Jarym Ognem Nebo Gorit
2. Pokoi Vechnoj Merzloty
3. Holod Zamerzshih Serdec
4. Moroza Bezzhalostnyj Gnev
5. T’ma Poljarnoj Nochi
6. Toska Karpatskih Lesov
7. Krik Umirajuwej Prirody

DURATA: 56:00

I Regul sono una delle tante creature finite sotto contratto della russa BadMoodMan Music.
La proposta è basata su movenze doom di stampo sinfonico che attingendo atmosfericamente dal versante pagano del movimento black danno come risultante una serie di tracce per lo più di lunga durata, non troppo varie nel loro incedere sontuoso e lussureggiante scandito da un uso dei synth delicatamente di obliante compagnia, tendenti in alcuni frangenti a ritrovarsi a produrre soluzioni che causano una sorta di monotonia che seppur incostante diviene una delle armi a doppio taglio di "Chambers Of Permafrost".
Il lavoro di Nox e K'tharsia, membri e timoni guida della realtà probabilmente appassionati di ambient, è discretamente ricercato, le sezioni di tale tipologia musicale che s'intrecciano internamente ai brani sono ben elaborate e calibrate grazie anche alle scelta di mettere in evidenza proprio la corposità celestiale dell'album. Le chitarre leggermente zanzarose e unico vero appiglio a quella che potrebbe essere considerata una matrice di natura black sono infatti relegate in secondo piano mentre la voce agisce sfruttando un growl riverberato non troppo profondo ma che stridendo poggia piacevolmente sulle basi.
La tracklist è qualitativamente eterogenea, non c'è un pezzo che spicchi su un altro e forse questo è il limite più grande di "Chambers Of Permafrost": emanare una sensazione di "compiacimento" che non permette al composto di offrire quella staccata improvvisa che gli garantirebbe di girare a ripetizione nello stereo.
Il progetto è relegabile fra quelli da seguire con attenzione, Nox ha in mano delle carte alquanto intriganti da poter utilizzare nel prossimo futuro per centrare il bersaglio in pieno, del resto "Chambers Of Permafrost" una volta inserito nel lettore per un'ora svolge il suo compito con naturalezza. Non posso quindi che consigliarlo a chi cerca nel panorama estremo un momento di placida, solitaria e avvolgente oscurità dai toni dolciastri.

Continua a leggere...

GRIM MONOLITH - Intempesta Nox


Informazioni
Gruppo: Grim Monolith
Titolo: Intempesta Nox
Anno: 2011
Provenienza: Messina, Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: www.myspace.com/grimmonolithband
Autore: Bosj

Tracklist
1. In Your Sorrow's Mysteries
2. Beyond The Solemn Grave
3. A Thousand Years Of Midnight
4. Wolves' Grief
5. The Walls Of Csejthe
6. The Distant Thunder
7. Ghostwood Realms
8. Ravens Gather
9. A Prayer In Moonlight
10. ...Of Churchyards And Weeping Nights
11. Intempesta Nox

DURATA: 34:41

Faccio conoscenza con i Grim Monolith, combo messinese attivo ormai da quasi un decennio che deve il suo monicker ad una vecchia carta di Magic, solamente con questa opera terza "Intempesta Nox" e mi rammarico del tempo perduto. Il terzetto siciliano ci trascina in una mezz'ora abbondante di black vecchia scuola, che sprizza Scandinavia da tutti i pori; Mayhem, Darkthrone, Satyricon e qualcosa dei Dissection (soprattutto nel riffing) si sposano perfettamente con nomi della scena più apertamente melodici quali Sacramentum e, per spostarci un po' più a est, primi Nokturnal Mortum.
Dati questi riferimenti, è facile intuire come in questo "Intempesta Nox" non ci sia nulla di nuovo rispetto a quanto già suonato da detti illustrissimi nomi. La piacevolezza, tuttavia, sta nella capacità del disco di scorrere, lasciandosi apprezzare ascolto dopo ascolto, e di non stufare affatto.
Snagalv (batteria), Urgud (chitarre) e Rog (voce e basso) hanno inanellato un insieme di pezzi estremamente compatto, ma allo stesso tempo variegato; non mancano infatti due brevi composizioni strumentali (l'interludio "Wolves' Grief" e la conclusiva titletrack), accelerazioni con immancabili blastbeat e momenti di maggiore atmosfera e melodia, seppure tutti i brani si presentino brevi e strutturalmente uniformi. Non aspettatevi cambi di tempo, variazioni dal tema o stranezze di sorta: l'attitudine black minimale e diretta è la padrona assoluta, ed esercita il suo dominio nel migliore dei modi.
Spontaneità è il termine cui non posso fare a meno di ricollegare questo terzo lavoro dei Nostri, vista l'urgenza con cui i pezzi si susseguono, guidati dalle grida di Rog e sostenuti da una strumentazione che è sì essenziale, ma anche perfettamente funzionale al prodotto finito, in tutto e per tutto derivativo, ma anche celebrante una scena di cui purtroppo oggi sono rimasti i cocci, vuoi per lo scorrere del tempo, vuoi per l'intervento del mercato e di fattori esterni ad esso collegati. Da questo punto di vista, nessuna preoccupazione per i Grim Monolith, che come da migliore tradizione pubblicano il loro lavoro in maniera completamente indipendente, nonché prodotto (in maniera ineccepibile, né amatoriale né, fortunatamente, "plasticoso" in alcuna sua parte) da Mordor, figuro che si è occupato anche delle parti aggiuntive di sei corde, quindi direttamente coinvolto nella creazione del materiale.
Qualcuno dirà che sono in ritardo sui tempi, che certi prodotti non hanno più alcun senso e non servono a nessuno; dicano pure, io mi schiero fra gli appassionati che, di quando in quando, apprezzano un'uscita valida e consapevolmente debitrice di un tempo che fu. Specialmente, ma è banale dirlo, se tale uscita arriva dal nostro amato Stivale.
Complimenti.

Continua a leggere...

DEVOLVED - Oblivion


Informazioni
Gruppo: Devolved
Titolo: Oblivion
Anno: 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Unique Leader Records
Contatti: www.myspace.com/devolvedmetal
Autore: Mourning

Tracklist
1. Existential Crisis
2. Into Fire
3. Awakening
4. World In Denial
5. Virus
6. Wretched Eyes Of God
7. Transcendence
8. From The Ashes
9. Legions Rise
10. Divinity
11. Disciple (Slayer cover)

DURATA: 51:14

I californiani Devolved non sono nuovi nella scena tech-death, la formazione nata nel 1996 si è però presa un bel po' di pausa prima di tornare in piena attività tanto che, dopo aver rilasciato i primi due album "Technologies" (2001) e "Calculated" (2004), quest'ultimo ristampato recentemente, ha atteso ben sette anni e un contratto con la Unique Leader per dare alla luce il terzo tassello della discografia, "Oblivion".
La proposta si è modernizzata, la vena progressiva e quella melodica trovano una maggior incidenza all'interno degli assalti frequentemente serrati e dal gusto "robotico", le aperture in clean vocals contenute in "Into The Fire" rappresentano la novità per quanto concerne il settore delle soluzioni catchy, sinora non erano ancora state inserite nel loro repertorio; il brano risulta piacevole e l'accessibilità della musica prodotta rimane uno dei punti forti del songwriting di casa Devolved.
Pur presentando questa ennesima forma d'alleggerimento (o presunto tale) sonoro, canzoni quali "Awakening", "World Denial", "Transcendence" e "Legions Rise" dimostrano chiaramente che con un pizzico d'intelligenza nel mettere insieme tutte le componenti si può evitare il classico polpettone che scade o in una riproposizione totalmente anonima del genere, o nel "popular" più squallido fatto passare per innesto innovativo.
"Oblivion" anche nei momenti dolciastri mantiene di base la sua pesantezza, le basi risulteranno a molti derivative (ed è vero), i nomi che vi circoleranno in testa saranno molteplici e non senza un motivo, così come probabilmente la cover di "Disciple" degli Slayer non è tra le scelte più indovinate per quanto si lasci ascoltare senza problemi. Di sicuro questi ragazzi hanno una passione per il thrash, visto che già in passato si erano cimentati anche in una riproposizione di "Battery" dei Metallica.
Tecnica, discreto equilibrio fra le varianti che determinano il "peso" dell'album e una prestazione complessiva per nulla male fanno di "Oblivion" un platter che, pur non spostando di una virgola l'asticella qualitativa di un genere che cerca sempre di andare oltre razzolando spesso male, si fa apprezzare per la semplicità con cui impatta il nostro orecchio.
Consigliato per lo più agli amanti del technical, se però gli ambiti melodici dell'estremo in genere dovessero essere fra i vostri ascolti abituali, un passaggio nello stereo a quest'ultimo Devolved lo concederei, chissà che non vi sorprenda.

Continua a leggere...

IMMERSED - In The Ire Of Creation


Informazioni
Gruppo: Immersed
Titolo: In The Ire Of Creation
Anno: 2011
Provenienza: Canada
Etichetta: Unique Leader
Contatti: www.myspace.com/immerseddeathmetal
Autore: Mourning

Tracklist
1. I Have Seen The End
2. In The Ire Of Creation
3. Transparent Monstrosities
4. Desolate Wanderings
5. Ruthless Transgression
6. Howling From The Grave
7. Colossal Abomination
8. Cower 'Neath His Shadow

DURATA: 27:54

Dal Canada arrivano gli Immersed e il loro "In The Ire Of Creation", band giovane, suono d'ultima generazione pulito ed equalizzato con maestria grazie al lavoro svolto da due personaggi esperti quali sono Chris Bradley dei Beneath The Massacre e Christian Donaldson, drummer tech per un certo Flo Mounier, vi dice qualcosa questo nome? Suoneranno mica come gli Obscura o gli Origin? No, sono ancora lontani da quel livello di complessità, le trame sono meno fitte e la proposta non è poi molto complessa da spiegare nella sua forma devota a un continuo girare su velocità in crescendo, riffato tecnico e melodico. Act quali Cryptopsy, Decapited e i nostrani Fleshgod Of Apocalypse per la modernità che avvolge la musica possono ritenersi fra i punti cardini di un sound che ha nel drumming devastante di Stef Kushneriuk l'arma in più, è praticamente una macchina d'assalto per violenza, stop'n'go improvvisi e tutto ciò che concerne il macerare le carni utilizzando la totalità del drumkit a sua disposizione.
La collisione con le strutture tendenti al "core" non stenterà ad arrivare all'orecchio, già dalla titletrack infatti ne noterete una infarcitura anche se le dosi saranno e rimarrano ridotte al minimo e non può che farmi piacere.
La bravura dei chitarristi Stephan Meloche e Mike Chambers nell'assestare fraseggi di chitarra in clean e assoli all'interno dei brani, come avviene in "Desolate Wanderings" e "Howling From The Grave", mostra che i musicisti hanno tenuto in discreta considerazione anche la parte legata agli arrangiamenti che spesso risulta essere il tallone d'Achille di molti platter e riuscirà a sviare ogni dubbio sulle doti poste sul piatto della bilancia.
Songwriting maturo e una prova orchestrale di buona levatura, con il cantante Mark Phillips che graffia e va in growl alternando le due impostazioni con bravura e il bassista Gareth Allix inquadrato perfettamente nel ruolo di coproduttore delle basi, completano un quadro che ha dato come risultante un "In The Ire Of Creation" che nella sua seppur breve durata riuscirà a fornirvi la dose di mazzate che andate cercando. Non ci credete? Provateli, certo gli old schooler non gradiranno ma anche a loro rivolgo l'invito, perché non fare almeno un tentativo? Tecnico, moderno e ben prodotto? Alle volte non è solo plastica e riesci ad ascoltarlo arrivando sino in fondo.

Continua a leggere...

OCCULTA STRUTTURA - Appendice A - Paradigma Dell'Orrore (Tributo Ad H.P. Lovecraft)


Informazioni
Gruppo: Occulta Struttura
Titolo: Appendice A - Paradigma Dell'Orrore (Tributo Ad H.P. Lovecraft)
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: non disponibili
Autore: Mourning

Tracklist
1. Azagthoth
2. The Mystery Of R'lyeh
3. Paradigma Dell'Orrore... (Paradigma dell'Orrore; Enunciazione Di Morte; Tributo Ad Una Deformita' Molecolare; Inferno Dormiente)

DURATA: 27:13

Ogni singola uscita sotto il monicker Occulta Struttura è storia a sè, che si tratti di materiale totalmente nuovo o in parte ripreso come nel caso di questo "Paradigma Dell'Orrore", che vede al proprio interno due dei tre brani, rilasciati antecedentemente in "Vol. 0" e "Vol. I", presentati in una veste diversa dall'originale.
Ciò che continua a contraddistinguere l'operato di Akh. e del motore universale che alimenta il fattore composizione è quella scia molecolare che incostante schiaccia, si dirada, si ripresenta per poi risvanire nel nulla, una sorta di caotica e deformata dimensione temporale in cui i flussi regolati da una forma entropica in evoluzione perenne stanno puntando decisi in direzione di uno zero assoluto che annulli e inglobi l'esistenza generale.
Il materiale sonoro incorpora in sè influenze svariate da campi quali elettronica, black, noise, sezionate, modulate, tagliate e incollate nel miglior stile Muciaccia (sì lui, l'uomo che con un cerino sarebbe capace di riprodurre l'Empire State Building) in modo da condensare atmosfere elettriche e disturbate, altalenanti nel proporre mood industriali lo-fi e catene di note ridondanti, il tutto dedito a omaggiare l'insana arte horrorifica del maestro di Providence H.P. Lovecraft.
Ventisette minuti che ancora una volta confermano l'identità perentoricamente minacciosa, decisa e incorruttibile di una realtà che vuole rimanere nell'underground, a cui non interessa divenire comprensilbilmente conosciuta, altresì si prodiga per emanare un messaggio talmente criptato che solo pochi potranno sciogliere tale bandolo della matassa. Siete fra questi? Chissà, l'unico modo per capire, è ascoltare.

Continua a leggere...

VIADANA OPEN AIR 2011


Informazioni
Data: 13/08/2011
Luogo: Viadana, MN
Autore: Bosj

Scaletta
Krampus
Lahmia
Airlines Of Terror
Dark Lunacy
Hour Of Penance
Theatres Des Vampires
Dark Tranquillity

Dopo diverse peripezie telematiche, riusciamo ad entrare al Viadana Open Air, piccolo fest nostrano che speriamo non si fermi a questa sua terza edizione, ma prosegua a lungo.
Al nostro arrivo, veniamo subito accolti dalla doccia fredda della giornata: alla cassa ci dicono che gli Obscura non suoneranno a causa di un non meglio precisato infortunio alla mano di uno dei chitarristi (non è dato sapere quale). La notizia suona molto di bidone da parte dei tedeschi per il nostro povero festival, visto che di lì a quattro giorni avrebbero poi suonato davanti ai nostri occhi e in perfetta forma sul palco del Summer Breeze, ma questa è una storia su cui non abbiamo modo di indagare.
Nonostante il pessimo inizio, il festival prende vita.
All'interno della piccola arena viadanese ci aspettano birra, panini e un paio di immancabili bancarelle di dischi (Scarey Records e Punishment18) per ingannare il tempo tra un cambio palco e l'altro.

Nonostante l'inevitabile prolungarsi dell'attesa per l'inizio delle esibizioni, dovuto al vuoto creato dalla mancanza degli Obscura, è dei Krampus il primo giro sul palco.
I friulani si fanno portatori della lezione di nomi oggi di grande richiamo quali gli Eluveitie, Turisas e tutta la carovana folk con accelerazioni al limite del melodeath che va spopolando in questi anni '10; a discapito della giovane età, la prova dei ragazzi è apprezzabile, e i pezzi estratti dai loro primi, brevi lavori si lasciano apprezzare nonostante le sbavature in esecuzione e, problema piuttosto grosso lungo tutto l'arco della giornata, i suoni a dir poco scandalosi prodotti dall'impianto audio.
Nel tempo a loro disposizione i numerosi udinesi sul palco - tra chitarre, basso, batteria, violino, tastiere, fiati e voce si contano otto membri - coinvolgono e si divertono, nonostante le impagabili espressioni della violinista Marika, i cui sguardi durante le esortazioni del frontman Filippo al "macello!!" sembravano domandarsi in modo divertito cosa ci facesse in quella gabbia di matti.
Siamo in attesa di una loro prova completa su disco.

Primo cambio, e tocca ai romani Lahmia dare sfoggio delle proprie composizioni, autori di un melodic death piuttosto ibrido e a mio avviso, nonostante gli anni di attività, ancora piuttosto insicuro sulla direzione da prendere. Duole dirlo, ma la prestazione non coinvolge più di tanto il pubblico viadanese, che infatti reagisce in modo piuttosto freddo, quando non indifferente, all'esibizione dei capitolini. Anche in questo caso, bisogna dire in loro difesa, il combo non è certo stato aiutato dalla pietosa resa dell'amplificazione.

Altro giro altro regalo, ed ecco sul palco gli Airlines Of Terror, unione di diversi e capaci musicisti d'esperienza, tra cui il più celebre probabilmente è uno dei fratelli Orlando, batterista dei Novembre; il gruppo si fa portatore di... beh, è un ottimo punto su cui fermarsi a riflettere. Come li ho sentiti definire sul posto, sono "particolarissimi, dei pazzi scatenati"; effettivamente, la descrizione è calzante. Tra up-tempos, mid-tempos e rallentamenti, i tre non danno punti di riferimento e si muovono scanzonati tra diversi suoni e correnti di matrice death, ma di attitudine divertita e divertente, come lasciavano intendere fin dallo scorso anno nel loro debutto "Blood Line Express", facendosi apprezzare dal sempre più nutrito pubblico dell'Arena, concedendo un attimo di stacco dalle sonorità più estreme e "serie" e puntando più sull'ironia e sull'imprevedibilità che sull'estremismo sonoro. Un'ottima scelta per variare il bill e dare visibilità all'ennesimo gruppo valido della nostra penisola.

Terminata anche l'esibizione del secondo gruppo della capitale, è il momento dei padroni di casa: ecco sul palco Mike Lunacy e la versione 2011 dei suoi Dark Lunacy, come sempre attentissimi alla forma e presenti on stage con tanto di costume di scena, un completo di pantaloni gessati, panciotto nero e cravatta rossa. Devo ammettere che, nonostante l'ultimo lavoro in studio non mi abbia convinto granché (la dipartita di Enomys in sede di songwriting si è fatta sentire parecchio), live la formazione parmense è stata in grado di regalare momenti meravigliosi, tanto da rendersi protagonista, secondo il mio modestissimo parere, della migliore esibizione della giornata, assieme a quella degli headliners. Forse anche per la proposta melodeath, meno estrema di molti colleghi della giornata, i suoni si sono mossi su livelli vagamente accettabili, permettendo al pubblico, molto partecipe, di apprezzare diversi classici della formazione, intensi ed emotivi, estratti da tutti e quattro gli album del combo; menzione a parte per la magistrale "Through The Non Time", davvero da pelle d'oca. Bravissimi.

Note dolenti invece per i successivi e talentuosi Hour Of Penance, anch'essi capitolini: sebbene la proposta sia valida e piacevole (death decisamente tecnico e veloce), e nonostante il pubblico si sia lanciato nelle prime pogate della giornata, era pressoché impossibile distinguere un qualsivoglia strumento, data la continua risonanza in cui entravano le casse ed i volumi sballatissimi, al limite dell'inudibile, delle chitarre. Purtroppo il biglietto da visita del loro ultimo "Paradogma" con eventuali nuovi ascoltatori, a questo Viadana Open Air, non ha avuto molta fortuna. Un gran peccato, data l'esibizione indubbiamente solida e concreta e la dedizione del combo, che della situazione non ha alcuna colpa. Da risentire in condizioni migliori, per ora promossi sulla fiducia; ci sarebbe piaciuto poter meglio testare il funzionamento del combo con i nuovi membri, ma sarà per un'altra volta.

Note non solo dolenti, ma anche stonate e stridenti per il quarto combo romano della serata, i Theatres Des Vampires. Non è luogo per parlare del gruppo in quanto tale, quindi mi limiterò ad esprimere il mio più totale dissenso per un'esibizione come quella presentata dalla formazione sul palco del Viadana Open Air. Evito di entrare nel particolare per non scatenare polemiche, fermandomi dicendo che un festival metal non è decisamente l'occasione adatta per far suonare una formazione quale quella romana, dove la musica è decisamente passata in secondo piano rispetto all'effetto scenico.

Dopo un'ora abbondante passata in compagnia dei laziali, è quasi con piacere che si accoglie l'ora tonda di soundcheck per gli Svedesi, headliners acclamati dall'ormai gremita platea. Sessanta minuti tondi prima di riuscire a salire on stage, e ancora i suoni sono ben lungi dall'essere accettabili, tanto che i primi pezzi suonati non rendono giustizia alcuna alle capacità del gruppo, ormai un'istituzione in terra italica.
Stanne e soci si fermano giusto un attimo per augurare un buon trentasettesimo compleanno al chitarrista Niklas Sundin, nato proprio il 13 agosto, e poi è divertimento puro e assicurato per tutto lo show.
I Dark Tranquillity, come sempre, rimangono estasiati dalle acclamazioni che ricevono dal pubblico, e per tutta l'ora e mezza che li vede protagonisti inanellano una hit dopo l'altra, nonostante la scaletta si dimostri (troppo) poco orientata verso i classici del gruppo, in favore di un repertorio quasi totalmente incentrato nell'ultimo decennio, dalla svolta "moderna" di "Haven" e soprattutto "Damage Done" in poi.
Piano piano i suoni migliorano, anche se mai a sufficienza, e il concerto del sestetto di Goteborg si rivela comunque e come sempre degno del prezzo del biglietto.

Al termine di quest'ultima esibizione, che lascia un po' l'amaro in bocca per la mancanza di encores un po' datate, giunge il momento di tirare le somme della giornata.
Sicuramente un'ottima iniziativa, da supportare e in cui riporre fiducia, il Viadana Open Air. Speriamo di vederlo presto ampliare le proprie capacità ed imporsi come uno dei sempre più rari appuntamenti fissi dello stivale. Certo, affinchè questo avvenga, una maggiore organizzazione e capacità dal punto di vista prettamente organizzativo, soprattutto in termini di equipaggiamenti audio, è caldamente raccomandata.
Questo detto, quel che sarà sarà, noi sicuramente ci riaggiorniamo l'anno venturo.

Continua a leggere...

STORM LEGION - Desolation Angels


Informazioni
Gruppo: Storm Legion
Titolo: Desolation Angels
Anno: 2010
Provenienza: Portogallo
Etichetta: World Terror Committee
Contatti: www.myspace.com/stormlegion
Autore: Mourning

Tracklist
1. Planetary Dagger
2. Spears Of Eternity – The Great Cycle
3. Path Of Persistence
4. Fragments Of Morality
5. Lost And Forgotten
6. Desolation Angels
7. Inner War
8. Black Waters
9. Descent

DURATA: 39:06

Gli Storm Legion sono un'altra interessante realtà black che si va a unire alle già note Corpus Christii e Morte Incandescente, non è un caso che nella line-up di questo progetto, nato dalla volontà di Ainvar Ara (ex Sirius), si trovi un personaggio ormai noto della scena lusitana, quel Nocturnus Horrendus mastermind e membro di non so quante band fra cui le due citate inizialmente. A supporto dei due in qualità di session drummer vi è la figura di Daniel "Vuko" Cardoso.
Il secondo capitolo della loro discografia giunge a noi nel 2010, sono passati ben cinque anni dal debutto "The Eye Of The Prophet" e "Desolation Angels" per caratteristiche e visione n'è il successore naturale.
E' un raw black metal strisciante, serpeggia maligno e acido, il sound ha fatto un salto di qualità notevole sotto l'aspetto ambientalistico, le atmosfere sono dense, nere e il rallentamento della fase ritmica in più di un'occasione sfiorante i lidi doomish ne permette un'ulteriore esaltazione. Brani quali "Spears Of Eternity - The Great Cycle" e il modo in cui si presenta una più riflessiva e burzumiana d'attacco "Lost And Forgotten" sono rappresentanti di un andare avanti che non vuole comunque distaccarsi dalla primordiale essenza del genere.
Il drumming di "Vuko" è versatile ed equamente calibrato in modo da fornire sia la dovuta potenza che la dilatazione ideale a pezzi che riescono ad assumere entrambe le posizioni evitando sfilacciature, in tal senso è piacevole l'ascolto di "Path Of Persistence" e della possente "Inner War" dotata di sfuriate intervallate da sezioni brevi, profonde e dall'uso sparuto dell'acustica che porrà anche fine alla canzone.
L'impostazione vocale per linee ed espressività dai tratti "lamentosi" di Ainvar non è lontana dal ricordare proprio quella di Nocturnus nelle formazioni nelle quali presta tale servizio, il che potrà risultare al tempo stesso gradevole e punto a favore per chi è amante del modo in cui i portoghesi si espongono ma altrettanto potrebbe far denotare una carenza di personalità. C'è da dire comunque che la naturalezza e semplicità che la formula compositiva degli Storm Legion mette in campo con questo tipo d'interpretazione viene esplicata al meglio.
"Desolation Angels" è l'ennesimo buon album che segue i cardini dell'old school black, che non sfora cercando alternative o scappatoie dell'ultima ora, si porta avanti con la consapevolezza di colpire al cuore gli amanti della proposta di stampo "ortodosso".
Storm Legion, un monicker che è sicuramente da tenere d'occhio anche se non credo che chi segue con fervore la scena non l'abbia già incrociato, consiglierei piuttosto a chi se li è persi per un motivo o per un altro di godersi entrambi i full.

Continua a leggere...

MORTE INCANDESCENTE - ...Relembrando Um Túmulo Esquecido


Informazioni
Gruppo: Morte Incandescente
Titolo: ...Relembrando Um Túmulo Esquecido
Anno: 2010
Provenienza: Portogallo
Etichetta: World Terror Committee
Contatti: www.myspace.com/morteincandescente666
Autore: Mourning

Tracklist
1. Fuga Constante
2. Cobrindo Os Céus De Sangue
3. De Relâmpagos E Suspiros
4. Necromaníaco
5. Caixão De Velhas Memórias
6. Renegada Existência
7. Um Dia Entre Luas
8. Tumultuosa Entidade
9. Velhos Vultos

DURATA: 38:18

La scena portoghese ha in Nocturnus Horrendus uno dei suoi pilastri, il musicista in questione è fra quelli che da anni portano avanti il proprio pensiero mettendolo a disposizione di più realtà, inutile dire che la più conosciuta sia quella dei Corpus Christi.
Se quel monicker ha avuto la capacità d'entrare nel cuore di moltissimi amanti del black metal, i Morte Incandescente, creatura bastarda e guerrigliera, non sono stati da meno: sia "Your Funeral" che il successivo e forse più noto "Coffin Desecrators" hanno aperto spiragli per l'esportazione del sound al di fuori del territorio lusitano. Nel 2010 a quei due capitoli si è aggiunto un altro tassello d'importanza non relativa, una bestemmia impressa in musica intitolata "...Relembrando Um Túmulo Esquecido".
Nocturnus Horrendus e Vulturius, duo che sembra ormai inossidabile a un passo dalla decade d'attività, non tendono a mollare la presa, il black proposto è ferale, nero come la pece e figlio della primordialità dei Celtic Frost quanto della loro evoluzione naturale norvegese, i Darkthrone, sì quei Darkthrone adesso così tanto contestati che rimangono senza mezzi termini uno dei punti cardine del genere dedito all'estremo per eccellenza.
Niente delicatezze, nessun colpo di fioretto, solo affondi continui, perpetuati nel tempo come l'opener "Fuga Constante". E' precisa in maniera chiara e cristallina che l'intenzione dei Morte Incandescente sia scandagliare, rivoltare e percuotere l'ascoltatore con botte indiavolate; che poi decidano di mostrare una particolare veemenza in "De Relâmpagos E Suspiros" e "Renegada Existência", di porre in rilievo il lato sadico e lercio di "Necromaníaco", la marzialità minacciosa interna a "Um Dia Entre Luas" o i rallentamenti marci che condiscono l'incedere polveroso di "Velhos Vultus", sarà la personale preferenza a dare maggior o minor importanza in una evenutale scala di gradimento dei pezzi perché in tutti i casi "...Relembrando Um Túmulo Esquecido" è uno di quegli album che vanno assorbiti in soluzione unica. Una volta messo nello stereo a un volume preferibilmente elevato la sola cosa che rimane da fare è spararselo tutto d'un fiato.
Produzione rozza ma non lo-fi, una prestazione strumentale arrembante, non ci vuole molto a comprendere che potrebbe per alcuni divenire un disco dalla vita particolarmente breve proprio per la sua schiettezza, il suo essere rude e diretto potrebbe col passare del tempo ammaliare con minor intensità a meno che non sia questa tipologia di black la vostra preferenza principale. E' anche vero che i Morte Incandescente tirati fuori dallo scaffale troveranno in quella giornata il modo di assuefarvi e sbattervi a dovere, a me basta e avanza, a voi?

Continua a leggere...

HINSIDIG - I En Tidløs Høst


Informazioni
Gruppo: Hinsidig
Titolo: I En Tidløs Høst
Anno: 2010
Provenienza: Norvegia
Etichetta: Blut & Eisen
Contatti: www.myspace.com/hinsidig
Autore: Mourning

Tracklist
1. Bak Livets Forheng
2. Syndeflod
3. Livets Sløs
4. Broderskapets Ring (Dimmu Borgir cover)
5. Gudsforlatt
6. Dauding
7. I En Tidløs Høst

DURATA: 56:09

Dietro il monicker Hinsidig si cela una collaborazione di artisti norvegesi e tedeschi, l'unione di Fimbul (chitarra, voce e synth), Gauvorn (basso e voce) e Winterheart (batterista noto per le sue performance nei Total Hate, Nyktalgia, Sterbend, Armagedda in sede live e Marblebog) ha sinora prodotto il demo "Bak Og Forbi.." nel 2009 e l'album di debutto "I En Tidløs Høst" nel 2010.
Il full è un disco che, per la sua natura non prettamente raw nè depressive, così melodica in certi punti e dotato di una produzione di confine fra la schiettezza bruta della forma primordiale e una certa cura, senza mostrare per questo sfarzi e ricami particolari che la rendano laccata, difficilmente verrà valutato in maniera unanime.
Nell'esporre infatti le considerazioni su quest'opera vien fuori volente o nolente il soggettivismo di chi ascolta, la tracklist si fa carico di condurre al nostro orecchio canzoni in possesso delle capacità per ammaliare, intrigare e inondare di malinconia il tempo trascorso in sua compagnia. La domanda da porsi è: questo fascino così datato e ricco di deja-vù avrà ancora il mordente per compiacere un largo spettro di appassionati o si renderà un pregevole servizio solo per gli immancabili sostenitori dell'old fashioned? Solo una sessione prolungata nel lettore potrà togliervi il dubbio in questione.
L'atmosfera ricreata dal vocalizzo pulito e disincantato incastonato nel finale dell'opener "Bak Livets Forheng", il riffato sprezzante che erige il muro sonoro di "Syndeflod", i toni epici, la sezione sommessa e un drumming effervescente e scattante che caratterizzano "Livets Sløs", la vena pagan/folk che attraversa le trame silvestri di "Gudsforlatt" che anticipa una più grintosa e animata "Dauding" adornata da momenti di luce e ombra: l'altalenante susseguirsi di melodie, scatti improvvisi e fasi trascinate ma cariche di piglio è accattivante, inganna il tempo nell'attesa che la titletrack ponga il sigillo finale buttando sul tavolo carte già note ma alquanto piacevoli e che lasciano un sapore dolciastro in bocca.
Nota a parte per la cover dei Dimmu Borgir posta a metà precisa della scaletta, "Broderskapets Ring", brano storico e seconda in ordine di ascolto una volta messo "Stormblast" nello stereo, in questa versione degli Hinsidig la ritroviamo atmosfericamente parlando perfettamente combaciante alle scelte fatte dal trio, l'aura si fonde perfettamente con quella delle canzoni restanti, se questo era il loro intento, sono riusciti a collocare un anello ben resistente dove la catena poteva risultare traballante.
Gli Hinsidig non inventano nulla di nuovo, "I En Tidløs Høst" è solo black metal adornato da varie sfaccettature ma che in un panorama che ha la tendenza a strafare o al contrario minimalizzare accentuando per un motivo piuttosto che un altro una qualsiasi forma (spesso paradossale per non dire parodiale) di "attitudine", prove similari possono esser più che un'apprezzabile conferma di quanto bastino meno costrizioni mentali per dare in pasto ai famelici fruitori dello stile buona musica, loro ci sono riusciti.

Continua a leggere...

FLAGELLANT - Monuments


Informazioni
Gruppo: Flagellant
Titolo: Monuments
Anno: 2010
Provenienza: Svezia
Etichetta: World Terror Committee
Contatti: www.myspace.com/flagellant
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Black Void Unfolds
2. God Of Torment
3. The Unseeing Eye
4. Monuments
5. Within The Circle Of Ouroboros
6. Into The Maws Of Death

DURATA: 40:06

I Flagellant sono un trio svedese e non lo celano nel sound, il loro primo album, "Monuments", successore diretto del demo "Morbus Nefastus" del 2007 è un classico esempio di black metal rude, privo di ornamenti e orpelli che ne diminuiscano la viscosità nera e carico di melodie pregne di quell'odio tanto care a gente quali Chaos Invocation.
Sì perché le due realtà hanno più di un punto in comune, se da un lato infatti i tedeschi stravincono per ritualità, il trio se la combatte per quanto concerne il puro e sfrontato flusso di sensazioni negative e la virulenza con cui si espandono.
La possibilità di scelta comunque non manca: abbiamo fra le mani un lavoro che presenta un'apertura schietta e devastante con "The Black Void Unfolds", atmosfere cineree fitte e assuefacenti in "God Of Torment", l'attimo di svolta con il feeling punkeggiante nelle ritmiche in "The Unseeing Eye". Tralasciando la titletrack e "Into The Maws Of Death" gradevolmente affiatate e totalmente calate nella realtà black ortodossa per eccellenza, con "Within The Circle Of Ouroboros" abbiamo anche dei piccoli segnali che fanno percepire la volontà di assestare all'interno una sottilissima venatura blackgaze, nulla di trascendentale e che viene a delineare unicamente una porzione definibile introduttiva alle affilate chitarre che di lì a poco prenderanno pieno controllo della situazione.
"Monuments" è un album black dedicato agli amanti del genere con nessuno stravolgimento particolare. Un riffing che a tratti diventa ipnotico e un costante rifornimento di malignità vengono sprigionati dalle tracce in esso contenuto sorretti da una produzione di buon livello. Questo è quanto ha da offrire, "only for fanatics" dello stile.
E' anche giusto che esistano queste release a mantenere intatto quella sorta di "zoccolo duro" che non ha intenzione di vendere il "di dietro" alla moneta facile e alla produzione di dischi in diciotto formati diversi corredati da poster e vaccate varie (Watain, Dimmu Borgir, Immortal e la lista sarebbe troppo lunga e dolorosa da scrivere per intero).
Se ciò che andate cercando quindi sono una sorta di coerenza e rispetto verso l'arte di suonare black metal, i Flagellant fanno sicuramente per voi, non vi cambieranno la vita, l'ascolto però vi sarà gradito.

Continua a leggere...

STONED MACHINE - Human Regression

Informazioni
Gruppo: Stoned Machine
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Alkemyst Fanatix
Contatti: www.myspace.com/stonedmachine
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intoxication
2. Back To Live In Me
3. If You Can
4. Bed Of Sin
5. Ocean
6. Shut Up
7. Out Of My Way
8. Fire In My Hands
9. Listen To The Wind
10. Human Regression

DURATA: 55:10

Gli Stoned Machine sono una band ravennate di stoner/rock, di gavetta i ragazzi dal 2003, anno della loro nascita, sino a questo 2010 ne han fatta, tanti live, qualche demo che circolava per far girare il nome e la soddisfazione nel 2004 d'aver aperto il concerto per uno dei grandi del mondo desertico, Brant Bjork, storico batterista dei Kyuss ormai da un po' impegnato col suo progetto solista.
"Human Regression", album di debutto del quartetto, è il coronamento degli sforzi fatti sino a questo momento, inutile dire che i cardini sonori siano quelli che chi come il sottoscritto ama il genere non può non conoscere, si parla dei già citati Kyuss, i Black Sabbath, una vena grungettona che non guasta alleggerendo talvolta il carico e rendendolo più malinconico quando serve e a contorno una sferzata di heavy nei momenti più arcigni.
La formazione è matura, è arrivata conscia delle proprie possibilità e con un bagaglio artistico che le ha permesso di creare dieci brani coinvolgenti, equilibrati che con riff ossessivi e un drumming monolitico svolgono il compito assegnato nel migliore dei modi.
Impossibile negare che pezzi quali l'opener "Intoxication", "If You Can", "Ocean", "Bed Of Sin" (ero convinto d'ascoltare "Welcome To Sky Valley") e la conclusiva titletrack abbiano quella trazione adatta a farti aprire il frigo, prendere una bionda, salire in sella alla moto e lanciarti a velocità in autostrada (peccato l'Italia non abbia la sua "Route 66" ma una Salerno - Reggio Calabria da incubo che potrebbe rappresentare una discreta Death Valley).
Non ci sono grosse pause e momenti allentati ad esclusione di un'unica e significativa canzone che basta e avanza per dimostrare come gli Stoned Machine sappiano farci anche in tal senso: "Listen To The Wind" molla gli ormeggi solcando un mare in cui la sabbia lascia il posto a un cielo stellato, esoterica ed evocativa attinge dalle sensazioni più ombrose e vogliose di vivere la notte nascondendosi dalla calura che il sound desert classicamente emana.
Non ho nessuna critica da muovere a un disco come "Human Regression", possiede una produzione moderna e ben fatta, la prestazione musicale del quartetto è quanto di meglio si possa chiedere a chi suona questo stile, al limite mi sento di mandare un bel vaffa alle grandi stazioni radiofoniche, alle case discografiche e alle classifiche nostrane che non permettono ai gruppi italici validi di emergere, gli Stoned Machine meriterebbero d'avere più visibilità, spero quindi abbiano almeno il supporto dei fruitori appassionati, se amate il genere è un acquisto che vale la pena di fare.

Continua a leggere...

IT CAME FROM OUTER SPACE #4

ACQUEFRIGIDE - Un Caso Isolato

Informazioni
Gruppo: Aquefrigide
Titolo: Un Caso Isolato
Anno: 2005
Etichetta: Subsound Records
Autore: Leonard Z

Album di debutto per il progetto dell'eclettica e visionaria Bre Beskyt Dyrene. Quasi sessanta minuti di sassate nello stomaco e di bile da inghiottire, che si concretizzano in quindici pezzi che vi entreranno in testa ossessionandovi all'infinito. Il connubio perfetto tra la musica dei Nirvana e dei NIN, con testi in italiano che trasudano tristezza, odio e disgusto. Da avere.







PORTISHEAD - Dummy

Informazioni
Gruppo: Portishead
Titolo: Dummy
Anno: 1994
Etichetta: Go! Discs / London
Autore: Advent

È impossibile trovare un difetto nella perfezione, la perfezione è dannata, bella come la morte, certa e indiscutibile. Era il 1994 quando i Portishead tiravano fuori il gioiello del trip-hop e consacravano Bristol come la città dei maestri malinconici dell' elettronica nel Regno Unito. Vintage, settantiano, disarmante. Ogni traccia è così minimale, ma completa da lasciare perplesso chiunque; e la voce di Beth Gibbons, calda e irraggiungibile, fa innamorare anche i più convinti. L'originalità, che andrà lentamente spegnendosi negli anni, in "Dummy" resterà sempre viva.





SCOTT GIBBONS & SOCIETAS RAFFAELLO SANZIO

Informazioni
Gruppo: Scott Gibbons & Societas Raffaello Sanzio
Titolo: The Cryonic Chants
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: 7.5-M

Vederlo dal vivo e sentirlo su disco sono due cose diverse. Due cose potenti in entrambi i casi. Il lavoro sulla voce e il canto (che prosegue ormai da anni) di Chiara Guidi e della SRS, anantropico, linguaggio universale di ogni luogo e ogni tempo, ma distante da ogni luogo e da ogni tempo, si coniuga in tutte le sue forme, dal gregoriano al canto balcanico, al pop, alla lirica, con il suono enorme e profondissimo di Scott Gibbons, musicista davvero eccezionale per maturità e ricerca, scuro, elettronico, elettracustico, preciso e informe, vocale anche lui. Un linguaggio nuovo, ma primigenio, condiviso da tutti. Un disco che è un concerto, da vedere dal vivo, da ascoltare da morto.



ODAXELAGNIA - freakshow

Informazioni
Gruppo: odaxelagnia
Titolo: freakshow
Anno: 2011
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Insanity

"Depravazione" è il termine più adatto per descrivere questo lavoro del duo polacco odaxelagnia. Gemiti femminili di piacere, conati di vomito, tutta la pornografia estrema racchiusa in un quarto d'ora di delirio totale fatto di Breakcore, Noise, Ambient e molto altro, tutto in chiave oscura e malata. Se la perversione sonora è di vostro gradimento, "freakshow" sarà senza dubbio un piacere per le vostre lussuriose orecchie.







NEGRITA - Reset

Informazioni
Gruppo: Negrita
Titolo: Reset
Anno: 1999
Etichetta: Black Out
Autore: Fedaykin

Molti ascoltatori, tra cui il sottoscritto, sono rimasti delusi dalla piega che il percorso artistico dei Negrita ha seguito nell'ultimo decennio. In particolare, tra i fan di vecchia data con cui mi è capitato di confrontarmi, si tende a considerare "XXX" e "Reset" gli album migliori della discografia della band italiana, quando il loro era un rock più spontaneo, più d’impatto, e suonava meno di "compromesso". Personalmente, per motivi soprattutto di affetto, apprezzo molto di più il disco in questione, "Reset", in cui i nostri affrontano tematiche di vita a viso aperto, accompagnandole con degli arrangiamenti meno prevedibili e più sperimentali rispetto a quelli presenti nel precedente "XXX". Certo, se è vero che il disco risulta estremamente piacevole alle orecchie, è anche vero che in tutti i loro testi è presente un'amarezza di fondo che difficilmente non contagia l'ascoltatore, rendendo questo lavoro cupo, claustrofobico; d’altra parte, è difficile dimenticare quelle hit di fine anni '90 come "Hollywood" o "In Ogni Atomo", pezzi che hanno sicuramente contribuito a rendere i Negrita un nome conosciuto nel panorama della musica italiana.


SKIANTOS - Mono Tono

Informazioni
Gruppo: Skiantos
Titolo: Mono Tono
Anno: 1978
Etichetta: Cramps
Autore: ticino1

FATTI QUESTO SLEGO...

"uno, due, sei, nove!", queste prime parole scandite da Roberto "Freak" Antoni, mito del rock demenziale, mettono in fuga gli amanti della logica e della coerenza come le persone attaccate da un mostro sulla copertina. Inni come "Panka Rock" o "Pesto Duro" (specie di cover delle Pietre Rotolanti) sono spezie ideali per una serata in compagnia con stereo e birra. So ke sono uno skianto; con sesso e karnazza ti trascinerò nel vortice - ora massacrami pure...




QUEENS OF THE STONE AGE - Rated R

Informazioni
Gruppo: Queens Of The Stone Age
Titolo: Rated R
Anno: 2000
Etichetta: Interscope Records
Autore: Mourning

Follia e genio hanno da sempre contraddistinto la musica che ha come creatore Joshua Homme. Con questo secondo capitolo dei Q.O.T.S.A. intitolato "Rated R" — e che vedeva ancora in formazione lo storico compagno di "merende" Nick Oliveri al basso — il gruppo conquista, trascina e "droga" le estati di migliaia di appassionati del rock con brani fantastici quali il singolo apripista "The Lost Art Of Keeping A Secret" (il video girò a ripetizione su Mtv), "Feel Good Hit Of The Summer", "Better Living Through Chemistry" e "Monster In The Parasol". Un album che ogni amante dello stoner, della psichedelia (ascoltare "Leg Of Lamb" per intenderci) e della buona musica in genere dovrebbe conoscere. Sole, alcol e allucinazioni? La via unica che ne unisce le sensazioni è racchiusa in questo capolavoro del nuovo millennio.


DIAMANDA GALÁS - Vena Cava

Informazioni
Gruppo: Diamanda Galás
Titolo: Vena Cava
Anno: 1993
Etichetta: Mute Records
Autore: Dope Fiend

Come potrei definire Diamanda Galás? Un'Artista eclettica, irrequieta, estrema e oscura. Come potrei definire "Vena Cava"? Un disco alienante, disturbante, teatrale, ma terrificantemente vero in tutta la sua folle crudezza. Siamo al cospetto di un'Opera diabolica, un cuore nero e pulsante che trasuda tanta genialità quanta insania, una voce indescrivibile e impressionante che trasmette dolore e terrore. "Vena Cava" è un viaggio incomprensibile e allo stesso tempo palese, una degradante assurdità senza eguali, un'esperienza che sbriciola l'anima e, come un tornado, mette a nudo tutto ciò che trova sul suo cammino. La pazzia non permette tregue, non lascia prigionieri e qui viene tramutata in Arte, immortale.

I wake up and I see, the face of the Devil.

Continua a leggere...

DEATHEVOKATION - The Chalice Of Ages


Informazioni
Gruppo: Deathevokation
Titolo: The Chalice Of Ages
Anno: 2007
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Xtreem Music
Contatti: www.myspace.com/deathevokation
Autore: Leonard X

Tracklist
1. Rites Of Desecration
2. Acherontic Epitaph
3. The Monument
4. Embers Of A Dying World
5. The Chalice Of Ages
6. Infinity Blights The Flesh
7. Carrion
8. Chunks Of Meat (Antropomorphia cover)
9. As My Soul Gazes Skywards

DURATA: 60:58

Il prossimo idiota che mi dice che il metal è morto e che oramai non ci sono più i gruppi di una volta riceve in piena fronte (di spigolo) questo cd. Sì, perché il primo full dei Deathevokation è un rullo schiacciasassi che trita tutto ciò che incontra sul suo cammino. Immaginatevi un'unione malvagia tra Bolt Thrower (periodo Warmaster) e gli Asphyx. Cosa ne viene fuori? Un album di puro Death Metal ai massimi livelli. Un concentrato di malvagità che se ne frega di uscire nel 2007 perché le tracce al suo interno sono puro Death Metal in stile prime anni '90. Ma la cosa che più colpisce di questo lavoro è che i brani non sono fotocopie di quelli partoriti dai maestri del genere; questi pezzi vivono di vita propria, senza scimmiottamento di riff già sentiti mille volte. I Deathevokation hanno tutto quello che serve per divenire una band di prima categoria e questo album è il loro biglietto vincente. Qui c'è tutto: riff potenti, rallentamenti, ottima tecnica dei musicisti, soli spaccaculo e batteria che riesce al meglio sia nelle parti lente che in quelle in blast beat. I Deathevokation, senza pomposi proclami, portano alto il vessillo del Death Metal... non acquistare questo cd sarebbe da pazzi.

Continua a leggere...

BREACH - Venom / Kollapse

Informazioni
Gruppo: Breach
Titolo: Venom / Kollapse
Anno: 1999 - 2001
Provenienza: Svezia
Etichetta: Burning Heart Records
Contatti: www.burningheart.com/discography/index.php?bid=29
Autore: Advent

Tracklist "Venom"
1. Helldrivers
2. Murder
3. Gheeá
4. Heroine
5. Diablo
6. Common Day
7. Path Of Conscience
8. Game In Vain
9. Pleasuredome
10. Black Sabbath
11. Hell Is My Witness
12. Penetration

DURATA: 44:27

Tracklist "Kollapse"
1. Big Strong Boss
2. Old Ass Player
3. Sphincter Ani
4. Alarma
5. Lost Crew
6. Teeth Out
7. Breathing Dust
8. Mr. Marshall
9. Seven
10. Murder Kings And Killer Queens
11. Kollapse

DURATA: 48:08

Quando Freud chiese ad un bambino se preferisse il cioccolato o i giocattoli il furbetto gli rispose "Cioccolattoli!". Chiedermi di scegliere tra "Venom" e "Kollapse" è da persone sadiche, non risponderei A o B, farei il furbo. "Vellapse!".
I Breach suonavano in una maniera tutta loro, è riduttivo dire che facessero post-hardcore, sludge metal. Prima che il post-hardcore fosse un genere con mille band di froci con i capelli piastrati cresciuti a pane, metalcore ed Alesana, scusate lo sfogo. Qualunque cosa fosse la loro musica è stata sempre di una durezza agghiacciante, ora alcuni ex membri hanno sviluppato sotto il monicker di Terra Tenebrosa il potenziale più claustrofobico prendendo tutta la pece nera e appiccicosa di "Venom" e "Kollapse" per incendiarla con una dose abbondante di napalm. Ma il fuoco era già divampato in "Diablo" ed "Hell Is My Witness"! Un fluire di tutti gli strumenti verso il pozzo incandescente che è "Venom", un album diretto che prende il lato violento dell’hardcore e sparato in faccia con un cannone, disperato, a senso unico, buono per allenarsi a ritmo di oscillazioni sludge. E’ un diamante grezzo ed episodi come "Black Sabbath" e "Game In Vein" fanno capire quanto sia spontaneo e genuino, crea emozioni trascinanti che i pochi fortunati che hanno la gioia di conoscere i Breach non vorrebbero mai abbandonare. Kollapse è meno oppressivo ma comunque una botta di devastazione, nemmeno la folle demenza vocale in "Mr. Marshall" solleva i toni malinconici della pesante strumentalità con la quale i Breach hanno avuto sempre un rapporto caldo ma buio. Un album dove viene dato respiro agli strumenti, mettendo la voce un po’ in secondo piano per far entrare tanto post-rock e un pizzico di psichedelia. I riff ancora duri ma è impiegata anche l’elettronica per creare una continuità tra l’atmosfera cupa e soffocante di "Venom" e "Kollapse". Una musica che continua a strisciare come un verme che buca la frutta e la sciupa, che in fondo diventa una crisalide e si trasforma in farfalla. Questa ascesa, metamorfosi verso la perfezione, ha inizio in "Venom" e si realizza al termine di "Kollapse". L’album TOTALE dei Breach, pieno, veramente maturo, con una produzione spettacolare che seppellisce Neurosis, Today Is The Day e quant’altro. "Kollapse" è la farfalla per intenderci. Perché quando vuole sa essere più sporco del predecessore ("Breathing Dust", "Old Ass Player") ma in fondo è riflessivo ("Seven", "Teeth Out").
La traccia "Kollapse" si tramuta in vera e propria esperienza. "Kollapse" è la vita all’interno di una bolla, una sala d’attesa dove mascheriamo le nostre paure con un’ostentata serenità anche se siamo colmi di ananke. E’ l’atmosfera tiepida e sconcertante del finale de "L’Aldilà" di Lucio Fulci. I giri di chitarra quando arrivano le ritmiche post-rock diventano cristallini, oscillano con una strana gaiezza che poi diverrà la norma per tutto il post-hardcore che andrà a nascere in quegli anni. I riff sdoppiati grattano leggeri un tappeto intessuto dal "Glockenspiel" (strumento che avreste dovuto già sentire ne "Il Flauto Magico" di Mozart o in "Little Wing" di Jimi Hendrix ) e si spengono nella pace.
Entrambi gli album nei rispettivi finali hanno stampate delle tracce di pura emotività. "Penetration" di Venom crea un’atmosfera da intima confessione per scaricare tutta la rabbia che possiede, "Kollapse" assume una linea più morbida che meglio si addice ad un album che prende molto post-rock e lo ingloba nel post-hardcore più personale del terzo millennio.

Continua a leggere...

DIABOLICUM - The Dark Blood Rising (The Hatecrowned Retaliation)


Informazioni
Gruppo: Diabolicum
Titolo: The Dark Blood Rising (The Hatecrowned Retaliation)
Anno: 2001
Provenienza: Svezia
Etichetta: Code666
Contatti: www.myspace.com/diabolicumofficial
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. March Of The Misanthrophe
2. Heavens Die
3. ...
4. The Hatecrowned Retaliation
5. The War Tide (All Out Genocide)
6. The Dark Blood Rising
7. Sound The Horns Of Reprisal
8. Bloodspawn
9. The Song Of Suffering (Eleven Blades Of Darkness)
10. Into The Dementia
11. The Nemesis Speaks...

DURATA: 44:50

Quando sento discutere e sproloquiare sull'interrogativo se il Male esista veramente oppure no, ciò che mi viene in mente all'istante è un nome: Diabolicum. La creatura svedese guidata principalmente da Sasrof è probabilmente ciò che farebbe ricredere chiunque fosse scettico sull'esistenza del Male vero e proprio.
A distanza di due anni dal devastante debutto "The Grandeur Of Hell (Soli Satanae Gloriam)" prende vita "The Dark Blood Rising (The Hatecrowned Retaliation)".
Il cammino di distruzione intrapreso da questa formazione non presenta un solo attimo di cedimento, ecco quindi che "March Of The Misanthrophe" non si perde in convenevoli e, grazie alla sua marzialità, risuona come un richiamo alle armi, il ventre della Terra si è squarciato, i vapori dell'Inferno iniziano a filtrare, la battaglia finale sta per cominciare.
Il compito di dare principio all'annientamento è affidato a "The Hatecrowned Retaliation"; la drum machine e le sfuriate elettroniche scandiscono il tempo di un assalto irresistibile alle fondamenta stesse del Cielo, assalto propiziato da "Heavens Die", un'invocazione a Moloch e Pazuzu, coloro che saranno i condottieri della suprema campagna contro tutto ciò che si fregia dell'aggettivo "sacro".
Le voci si fanno portatrici di un messaggio di morte e di sterminio, il riffing è una blasfemia ininterrotta, per usare le parole degli stessi Diabolicum: "a plutonium fist in the face of God".
"The War Tide (All Out Genocide)" e "The Dark Blood Rising" si qualificano come gli episodi più devastanti del platter, il culmine indiscusso in cui la potenza degli Inferi si scatena senza freni, l'elettronica (unita alle grida di terrore e agli assoli inaspettati che sembrano quasi improvvisati) è un incubo foriero di distruzione e le chitarre riversano sul campo di battaglia un quantitativo inimmaginabile di odio nero e caustico.
Vi sono momenti come "Bloodspawn" e "The Song Of Suffering (Eleven Blades Of Darkness)" in cui si manifesta maggiormente il carico evocativo che le venature Ambient e quasi avanguardistiche del gruppo portano sulle spalle... dimenticate però passaggi malinconici o intimi, qui c'è spazio soltanto per l'esaltazione e la devozione incondizionata nei confronti delle divinità che dominano la parte più oscura e fiammeggiante dell'Universo.
La caduta dell'ultima roccaforte celeste è celebrata da "Into The Dementia" in cui il sapore della vittoria sgorga incontrastato attraverso melodie sulfuree che infondono forza vitale all'odio e alla vendetta che permeano i cuori di chi si è schierato dalla parte di questi fedeli emissari del Diavolo.
La Geenna è stata finalmente riconquistata, il Caos e l'Inferno hanno posto il proprio sigillo su un mondo ormai completamente purgato e il tempio di Jahvé è un cumulo di macerie fumanti.
"The Dark Blood Rising (The Hatecrowned Retaliation)" è un album lacerante, oscuro e dall'anima totalmente maligna, probabilmente il punto più alto raggiunto dall'Industrial Black Metal.
Questo disco è Arte che brilla di luce propria, che innalza e glorifica il Verbo da cui è stato concepito.
Se ancora ci fosse chi si ostina a non riconoscere l'enorme potenziale che una proposta di questo tipo porta in grembo arroccandosi sulle proprie posizioni di insensata (e fasulla) intransigenza, beh... non posso che provare tanta pena.
Per chiunque invece sia in grado di andare oltre una visione ottusa e stereotipata e per chiunque sia alla ricerca di sonorità violente e talentuose a cui inginocchiarsi, l'acquisto di questo capolavoro è un obbligo.

Continua a leggere...
Aristocrazia Webzine © 2008. Design by :Yanku Templates Sponsored by: Tutorial87 Commentcute